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Il Professore ci spiega

La cordocentesi

Cos’è
La cordocentesi, o funicolocenesi, è una procedura diagnostica invasiva con la quale si preleva un campione di sangue fetale tramite la puntura del cordone ombelicale. Il campione di sangue fornisce preziose informazioni sullo stato di salute del bambino.
 

L’esame, nato per la diagnosi prenatale, rappresenta oggi, come vedremo, anche un prezioso strumento per la terapia fetale.

 

Quando si esegue

Sia a scopo diagnostico sia a scopo terapeutico, viene eseguita dopo la 18ᵃ settimana, solitamente tra la 20ᵃ e la 22ᵃ nei seguenti casi:

Finalità diagnostiche:

  • Determinazione rapida del cariotipo fetale
  • Fallimento di determinazione rapida del cariotipo fetale
  • Anomalia riscontrata in sede di ecografia morfologica
  • Diagnosi di anemie fetali o trombocitopenie fetali (basso numero di piastrine)
  • Diagnosi di gruppo sanguigno fetale e Coombs diretto
  • Diagnosi di anomalie dei fattori di coagulazione
  • Ricerca di agenti infettivi
  • In caso di pazienti con rischi specifici che ricorrono alla diagnosi prenatale invasiva
 
Finalità terapeutiche:
  • Trasfusioni intrauterine intravascolari ecoguidate su ansa libera
  • Trasfusioni intrauterine intravascolari ecoguidate su vena ombelicale intraepatica dopo anestesia fetale nel punto di inoculo dell’ago
  • Somministrazione intravascolare di farmaci (albumina, digitale, diuretici e farmaci curarizzanti per bloccare l’estrema mobilità del feto, quando impedisce l’esecuzione della procedura terapeutica)
  • Curarizzazione fetale
 
Come viene eseguita
 
La procedura prevede un preliminare esame ecografico per verificare l’epoca gestazionale, il numero di feti, la vitalità fetale, la quantità di liquido amniotico, la localizzazione della placenta e la via di accesso migliore al cordone ombelicale.

Il prelievo viene effettuato per via transaddominale, come l’amniocentesi: si inserisce un ago attraverso l’addome materno, preventivamente disinfettato, talvolta in anestesia locale. L’ago viene diretto verso l’inserzione del cordone sulla placenta e, attraverso la vena ombelicale (solitamente viene preferito il prelievo dalle vene e non dalle arterie funicolari perché comporta un maggior rischio di bradicardia fetale), vengono prelevati 0,5-1 cc di sangue fetale poi inviati in laboratorio per le analisi. L’intera procedura si svolge sotto stretto controllo ecografico e ha una durata variabile, a seconda dei casi, da 1 a 15 minuti.

Al termine del prelievo, si effettua un controllo ecografico del feto per accertare l’assenza di emorragie importanti nella sede di puntura, la formazione di ematomi o trombi e l’attività cardiaca.

Essendo una procedura più invasiva rispetto ad altre, se ne consiglia l’esecuzione in fase di ospedalizzazione.

 
Rischio
 
Il rischio di perdita fetale collegata alla cordocentesi è più alto rispetto a quello dell’amniocentesi e della villocentesi ed è correlato anche all’esperienza dell’operatore; c’è da dire, comunque, che i dati statistici che indicano una percentuale di rischio intorno al 3%, in realtà, risentono del fatto che sul tasso di abortività incide anche la patologia fetale di base. Nei casi a basso rischio, infatti, la percentuale scende al 2%. Nel Centro del Policlinico Gemelli la percentuale di perdite legate alla procedura terapeutica è 0,6%.
 

Applicazioni terapeutiche della cordocentesi

L’avvento del prelievo di sangue fetale mediante la guida direttamente all’interno del vaso, ha rappresentato un approccio assolutamente importante nella storia naturale della terapia fetale invasiva. Gravissimi quadri di anemia del feto (tassi di emoglobina 2,6 g/dl) sono stati curati con trasfusioni intravascolari a doppio step e digitalizzando il cuore fetale attraverso la somministrazione di Digossina alla madre per via orale. La storia naturale dell’anemia fetale da incompatibilità Rh, ha visto la sopravvivenza feto-neonatale, passare, in 30 anni, dal 48% al 93% con buon outcome di questi bambini a lungo follow up. Anche patologie piastriniche e deficit di coagulazione sono stati trattati con successo perinatale, ovviamente con l’aiuto dei neonatologi esperti che hanno valutato l’approccio terapeutico postnatale caso per caso e utilizzando la terapia con Eritropoetina in casi selezionati.


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