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Racconti di Vita

La gioia della vita oltre le difficoltà

Mi chiamo Michela e vorrei raccontarvi la storia che ha portato alla nascita del mio primo figlio, Antonio.

Nell’agosto del 2014 rimasi incinta. Come potete immaginare fu una notizia straordinaria.Tutto procedeva bene, eseguivo i controlli di routine ogni mese ed ero, ogni volta, ansiosa di poter vedere il mio bambino crescere nel mio grembo. Arrivò il quinto mese e mi recai dalla mia dottoressa per eseguire l’esame morfologico. Quel giorno, purtroppo, mi rimarrà impresso per sempre. Avevo tanti medici intorno e l’ecografia fu molto lunga; da lì capii che qualcosa che non andava bene. La dottoressa, alla fine dell’esame, mi chiese di sedermi e mi disse che c'era qualcosa che non andava. Il mio piccolo aveva una malformazione al cuoricino e doveva nascere in una struttura specializzata. Il problema al cuore richiedeva degli interventi di cui, il primo, subito dopo la nascita. La dottoressa mi espose i rischi e tutto ciò che sarebbe successo e mi propose anche l’interruzione di gravidanza. Per quest’ultima la via era già pronta, per la scelta di proseguire la gravidanza, invece, mi venne solo data l’indicazione di Napoli come possibile struttura di riferimento. Mi crollò il mondo addosso, non volli sapere nemmeno il sesso del bambino, volevo solo andare via da quelle persone che mi prospettavano una cosa tanto atroce. Piansi tutto giorno. Mio marito, all’inizio, pensò all’ipotesi dell’aborto ma io mi imposi e decisi che mio figlio doveva nascere: non eravamo nessuno per levargli la vita. Cominciai ad informarmi e presi contatto con il Prof. Noia di cui mi avevano parlato bene. Mi misi nelle sue mani. Il Professore riuscì a trasmettermi tanta forza e determinazione che mi furono di grande aiuto nel portare avanti la mia decisione. Iniziarono i controlli a Roma fino al parto cesareo programmato al Policlinico Gemelli. Ad aprile del 2015, prendemmo una casa in affitto a Roma in attesa della nascita del nostro piccolo. I sacrifici, anche economici, furono tanti. L’8 maggio 2015, come da cesareo programmato, nacque Antonio. A 20 giorni dalla nascita, il 28 maggio, subì il primo intervento al cuore al Bambin Gesù e, dopo nove mesi circa, il 5 febbraio 2016, la seconda e più importante operazione (durata 8 ore). Ora il suo cuoricino sta bene. Continuiamo i controlli di routine e farà un altro intervento quando sarà più grande; ma il percorso di Antonio non è semplice, perché lui è, veramente, un bambino speciale.
Crescendo, infatti, è emerso un nuovo problema. Antonio ha un disturbo dello spettro autistico. Le prime generiche manifestazioni di difficoltà nella comunicazione furono collegate, da alcuni medici, al possibile impatto del secondo intervento subito in un’età particolare ma, man mano, emerse chiaramente che il problema era un altro. Fui io che iniziai a capire la diagnosi. Quando lo portavo all’asilo o dalla nonna, uscendo lo salutavo, ma lui era indifferente, ed io andavo via piangendo. Una mattina, in macchina, iniziai a chiamarlo: “Antonio!” gridando forte. Avrei spaventato pure il diavolo con le mie urla ma Antonio continuava semplicemente a guardare le macchine dal finestrino. Quando Antonio compì un anno, organizzai una festa per il suo primo compleanno, lui restò indifferente alla festa, ai regali, a tutto. Lo portai dallo psicologo che mettendomi una mano sulla spalla, mi disse: “Signora siamo nell’autismo, forse”. Non parlò dell’autismo in se stesso ma di un disturbo dell’interazione sociale. “Coraggio signora” mi disse. Nonostante siano passati 2 anni, di quella pacca sulla spalla conservo ancora il livido. Fatica? Tanta fatica! Antonio non indica … vuole l’acqua? … non indica, vuole qualcosa? … non indica. Ancora oggi, quando vuole qualcosa, si fa capire ma non indica. Se sbatte la testa contro il muro, è un modo per farti capire che non gli piace un qualcosa. Se vedete un bambino come Antonio in un supermercato, buttato a terra, è perché per lui è difficile, è un contesto rumoroso, faticoso da gestire; magari sta imparando e non c’è ancora riuscito.
L’autismo è un compagno scomodo. Nel mio dolore, tanto dolore, nonostante le persone che ho intorno, spesso mi sento sola ma voglio dire a tutti i genitori come me, che non bisogna abbattersi e che si possono avere miglioramenti con una diagnosi precoce. Noi facciamo tante attività: logopedia, psicomotricità e ne faremo altre che aiuteranno Antonio nel suo cammino. Antonio capisce tutto e pian piano imparerà ad alzare lo sguardo verso il mondo. I bambini con autismo capiscono, a loro manca la chiave di lettura del mondo, ma capiscono. Nonostante le difficoltà, Antonio è un grande dono per la nostra famiglia. È un bambino forte che ha lottato fin dall’inizio per la sua vita e per avere la possibilità di viverla fino in fondo, e noi genitori gli camminiamo accanto e lo sosteniamo. Quel no all’aborto ci ha concesso la grande gioia di avere Antonio con noi, una gioia piena che supera, di gran lunga, tutte le difficoltà.


Michela


                  

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