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La Vita e la Scienza

Fertilità e procreazione: aspetti etici nella scienza procreativa

La fertilità umana è stato il campo dove, negli ultimi 70 anni la scienza della procreazione si è estesa con dibattiti etici sempre molto forti. Il grande dilemma è stato, ed è tutt’ora, il problema della dicotomia tra il fine (risolvere l’infertilità) e i mezzi (le modalità delle tecnologie usate per ottenere il successo procreativo).

Tuttavia, se da una parte le nuove conoscenze hanno portato una grande ampiezza conoscitiva, dall’altra hanno completamente travalicato quel crinale che è andato contro la dignità della persona umana, dimenticando totalmente che “non tutto ciò che è tecnicamente fattibile è scientificamente ed eticamente umano”. Accanto alla bellezza e quasi alla contemplazione di aver dimostrato scientificamente che la relazione tra il figlio e la madre avviene fin da subito, cioè entro 36 secondi dal concepimento, e che fin dalla fase preimpianto l’embrione è un forte protagonista di questa relazione ("L'embrione è un attivo orchestratore del suo impianto e del suo destino" - British Medical Journal, Editoriale Nov 2000; "Your destiny from day one" – H. Pearson – Nature Vol. 418, 4 luglio 2002; "Maternal communications with gametes and embryos: a complex interactome" – A. Fazeli and E. Pewsey – Briefings in functional genomiocs and proteomics – Vol. 7 – 2 111-118 2008), le tecnologie e il pensiero tecnologico si sono accaniti, nelle forme più disparate, a spostare l’inizio della dignità della vita umana dal concepimento all’impianto. E’ stata utilizzata una tematica, scientificamente falsa, e che tradisce la forte evidenza che non si voglia vedere ciò che la scienza dimostra.

L’”impianto dello zigote” (l’embrione, individuo pienamente umano) viene ad essere definito come l’impianto di un ovulo fecondato”. Si ha paura di chiamarlo embrione: ma chi ha paura dell’embrione? Nella sua verità scientifica e ontologica tale nome gli compete non sulla base di ideologie o convincimenti religiosi, ma sulla base della scienza dell’embriologia che ha fatto affermare a tutti i grandi scienziati: “Ognuno di noi ha avuto inizio con il proprio concepimento”.

A queste ombre del pensiero “liquido” per confondere i criteri con manipolazioni scientifiche, se ne aggiungono altre fatte di numeri: nella fecondazione extracorporea il 91% degli embrioni trasferiti viene perduto, così il 92% di quelli scongelati e il 93% di quelli sottoposti a diagnosi preimpianto (dati della relazione del  Ministero della Salute, 2014). Questa è realmente una cultura dello scarto, un genocidio preconcezionale e prenatale.

70 anni fa i disabili venivano indirizzati verso i campi di concentramento, oggi una diagnosi prenatale selettiva ha fatto sì che l’aborto eugenetico dopo le 12 settimane sia aumentato di ben 10 volte: dallo 0,5% del 1981 al 5% del 2015. Ogni anno in Italia circa 5000 feti con disabilità vengono indirizzati all’aborto volontario e tra questi il 92% sono bambini Down.

La scienza della procreazione proprio perché utilizza le ragioni della ragione scientifica, etica ed umana non può arrendersi a questa cultura di morte. Essa  non può perdere di vista il valore di “quell’essenziale invisibile al corpo” (Saint-Exupéry: Il piccolo principe) che è l’embrione, cioè la preziosità della vita umana, perché ogni cultura occisiva alla fine perde se stessa.   

Prof. Giuseppe Noia

 

Abstract del convegno: "La presa in carico della coppia infertile: la problematica clinica, genetica ed etica". San Giovanni Rotondo (Fg), 28 aprile 2017.
 

                  

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