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Il Professore ci spiega

Rosolia in gravidanza

Si sente dire:

“La rosolia in gravidanza crea figli sordi, ciechi e cardiopatici”

Anche questa affermazione non pesca sull’evidenza della storia naturale che, il gruppo del Gemelli, e la letteratura internazionale, hanno ampiamente validato. L’evidenza scientifica della storia naturale del passaggio del virus rubeolico (virus della rosolia) dalla madre al feto comprende 2 concetti importanti nella consulenza:
 
Primo concetto: il passaggio verticale (dalla madre al figlio), del virus della rosolia, avviene con rischi di Sindrome da rosolia congenita[1] del feto fino alla 16-18esima settimana. Dopo questo periodo, pur essendo possibile con frequenza rara il passaggio del virus, i danni (nervo acustico, nervo ottico e cuore) sono irrilevanti (Tab. 4).
Nell’esperienza del Policlinico Gemelli, relativa a 28 anni di osservazione (dal 1984 al 2012) su 284 casi di rosolia in gravidanza, si è potuto dimostrare che il gruppo di madri esposte a un reale rischio di danno fetale era relativo solo a 75 pazienti (26,4%) poiché avevano contratto la rosolia nel periodo intorno al concepimento, nei primi 3 mesi e fino alla 15esima settimana di gravidanza. Ebbene la ricostruzione della storia naturale ha dimostrato che in 36 casi (13%) si era di fronte a pazienti definite Chronic carriers di Igm (portatrici croniche di Igm) e quindi di infezione, non nella gravidanza attuale, ma in epoche precedenti, con rischio fetale assente; in altre 35 pazienti (12%) si trattava di una reinfezione, quindi con rischio fetale pressoché nullo, e in altre 64 pazienti (23%) c’era stato un errore di laboratorio con la dimostrazione, ripetendo l’esame nei laboratori del Gemelli, di assenza di infezione rubeolica nella madre.
 
Secondo concetto: il passaggio del virus rubeolico nel periodo sicuramente a rischio per il feto (fino alla fine del 4°mese) non è del cento per cento. Nella esperienza del Gemelli è stato documentato nel 16% dei casi. Tutto ciò significa che la valutazione del rischio di passaggio del virus della rosolia dalla madre al bambino, può essere precisata sulla base della anamnesi ostetrica sulla madre (la raccolta particolareggiata delle notizie che riguardano la paziente), sulla precocità dell’infezione e sulla presenza di esantema materno (l’eruzione cutanea) ed, infine, può essere confermata con esami invasivi, tra 20 e 22 settimane, per verificare la presenza del Dna del virus della rosolia nel liquido amniotico.
 
 
[1] Insieme di conseguenze che un neonato può evidenziare in seguito all'infezione materna e alla conseguente infezione fetale da virus della rosolia: sordità, difetti della funzione visiva, patologie cardiovascolari, danni all'encefalo ecc.

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