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Racconti di Vita

Storia di Mario e Marco

Sono le 9.06 del 26 Aprile 2016, nasce Mario. Alle 9.08 nasce il suo fratellino Marco. Marco è morto, lo era già da 8 settimane circa. Ha vissuto fino alla 30ª settimana. È rimasto nella pancia della sua mamma nell’attesa che il suo fratellino Mario venisse al mondo.
 
Prima di salire in cielo, Marco ha fatto sentire fisicamente la sua presenza, con i suoi calcetti e i suoi movimenti, ma anche oggi continua a farsi sentire forte, attraverso la “testimonianza” resa dai suoi genitori, segno che la sua vita, seppur breve, era parte di un progetto molto più grande.
Ma partiamo dall’ inizio. Era il 3 settembre 2015 quando Autilia scoprì di essere incinta, una gravidanza voluta e accolta con grande gioia. Il 21 settembre la prima ecografia rivelò che si trattava di una gravidanza gemellare. Una scoperta che suscitò inizialmente un po' di incredulità e smarrimento ma sempre nella piena serenità derivante dalla certezza che, se Dio aveva voluto così, voleva dire che era giusto così; purtroppo, durante la seconda ecografia, il ginecologo, dopo diverse misurazioni, rilevò un problema ad uno dei due gemellini, la translucenza nucale era aumentata. In modo molto freddo e distaccato, spedì i due genitori in un centro specializzato per fare un’altra ecografia.
Il 6 novembre, Autilia e suo marito, si recarono presso questo centro. La diagnosi per il piccolo Marco fu: translucenza nucale aumentata, naso ipoplasico[1] e ampio DIV[2] al cuore; il tutto faceva presupporre una Sindrome di Down. Al termine dell’ecografia, i due genitori vennero convocati dal responsabile del centro in una stanza, dove, senza alcuna accortezza e in modo, si può dire, “spietato”, gli venne comunicato che l’unica soluzione al “problema” era l’aborto selettivo. Quindi, sulla base di un referto, che non era una diagnosi (perché la certezza si sarebbe potuta avere solo con l’amniocentesi), il responsabile di quello che, mamma Autilia, definisce “un centro della morte”, indicò loro come soluzione, quella di far vivere il figlio “probabilmente” sano, (perché la sola ecografia non garantiva la certezza che l’altro bambino sarebbe nato sano) e di uccidere il figlio probabilmente affetto da sindrome di Down.
Autilia e suo marito uscirono dalla stanza totalmente smarriti, impauriti e soli di fronte a qualcosa di molto più grande di loro. Il buio era calato sulle loro vite e non sapevano cosa fare e a chi chiedere aiuto. In quel momento così tragico, c’era una sola certezza: Autilia guardò suo marito negli occhi e disse: “non so come faremo, ma io non uccido mio figlio”.
Seguirono giorni di smarrimento. Poi, un giorno, Autilia si ricordò che, durante un corso prematrimoniale, avevano tenuto una lezione i responsabili del CAV di Benevento; allora si rivolse al prete della sua parrocchia che li mise subito in contatto con loro. Fu in quel momento che ritornò la luce. Queste persone donarono alla famiglia una nuova speranza e indirizzarono i due genitori presso il  prof. Noia che, da quel momento in poi, li seguì fino al giorno del parto.
 Il 2 dicembre 2015 venne fatta l’amniocentesi al Policlinico Gemelli di Roma che confermò, per Marco, la diagnosi di trisomia 21, ovvero sindrome di Down. Nonostante la certezza di non voler uccidere il proprio figlio, non fu semplice metabolizzare la notizia. L’idea di un figlio disabile da crescere, altri due bambini piccoli da accudire e il lavoro, rendevano grandi le paure di Autilia; ma la fede si rivelò più forte di quella umana, e più che giustificata, debolezza. Autilia disse il suo “Si” a Gesù certa che Lui non ci dà prove superiori alle nostre forze.
Iniziarono le visite mensili al Gemelli fino all’8 febbraio, quando il prof. Noia osservò una riduzione del liquido amniotico nel sacco di Marco. Un’altra prova da superare: occorreva stare a riposo e Autilia non potè più andare a lavoro. Passare lunghe giornate da sola in casa non fu facile ma, c’era la fede in Gesù che veniva sempre in soccorso.
Il 25 febbraio, un nuovo controllo a Roma. L’ecografia a Mario andò bene ma, quando fu il momento di Marco, Autilia, guardando il professore, capì che qualcosa non andava. Non c’era più battito, Marco era morto. Aveva vissuto nella pancia della sua mamma per 30 settimane e poi era volato in cielo. Di fronte a quella terribile notizia, tante furono le lacrime e tanti sentimenti si sovrapposero: dolore, disperazione e anche qualche senso di colpa per essersi sentita un po’ “sollevata” da una situazione forse umanamente più grande di loro.
Seguì il ricovero in ospedale, bisognava pensare alla salute di Autilia e di Mario per evitare che il bimbo potesse nascere prematuro.  Iniziò un’altra sfida: portare avanti la gravidanza per permettere a Mario di crescere, con la consapevolezza di avere dentro di sé Marco morto. Non fu sicuramente semplice affrontare questa situazione per Autilia ma, nei momenti difficili, c’era la preghiera a confortarla: “Misericordia di Dio che ispiri speranza contro ogni speranza, Confido in Te”, queste erano le parole che la sorreggevano; intanto, i controlli divennero settimanali per verificare che tutto procedesse bene e, così, alla fine della 38ª settimana, nacque Mario; pesava 2,730 kg ed era lungo 51 cm. Nacque anche Marco, pesava circa 250 gr.
Il piccolo Marco ha avuto una degna sepoltura. È insieme al nonno che è stato chiamato in cielo proprio mentre nascevano i suoi nipotini. È riuscito a vedere una foto di Mario e, dopo una lunga malattia, è ritornato alla casa del Padre insieme al piccolo Marco.
Chi ha conosciuto la storia di Marco e Mario è rimasto colpito, in particolare, dal coraggio della loro mamma che, invece, con un’umiltà che traspare da quel suo voler sempre sottolineare e confessare a tutti le sue paure e debolezze, lancia un messaggio forte: “non penso di aver fatto nulla di eccezionale o di coraggioso, ho fatto solo quello che ogni madre dovrebbe fare, accogliere la vita che ci è stata donata da Dio. A tutti coloro che mi hanno chiesto come ho fatto a portare a termine la gravidanza senza aver avuto nessuna complicazione per me e Mario, ho risposto che, indipendentemente dalle motivazioni mediche, “nulla è impossibile a Dio.”
Quella di Marco è la storia di una piccola creatura con una vita brevissima, di poche settimane, che ha segnato indelebilmente l’intera vita dei suoi genitori, della sua famiglia e di molti altri; la speranza della sua mamma è proprio questa, cioè che la storia dei suoi gemellini e di Marco, in particolare, possa dare sollievo e speranza a tante altre mamme e a tante altre famiglie, spesso lasciate sole con la loro sofferenza e le loro paure nel momento della scelta cruciale tra la vita e la morte, sole nell’affrontare la malattia e a volte anche la perdita dei propri figli.
Una storia, quella di Marco, che mostra come, anche in casi difficili come il suo, si può scegliere di accogliere la vita, seppur estremamente fragile;  è una strada sicuramente in salita, ma è quella richiesta ad un genitore e, soprattutto, è l’unica a poter lasciare la pace e la serenità nel cuore di una mamma e di un papà che hanno amato fino in fondo il loro bambino.

 

 

[1] Ossa nasali piccole o assenti. La misurazione ecografica dell’osso nasale è utilizzata nello screening della trisomia 21.

[2] È una cardiopatia congenita, un difetto interventricolare (DIV) consistente in un foro nella parete che separa i due ventricoli.

 

                  

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