Come per gli adulti, il dolore fisico può essere ricordato solo quando è associato con un esperienza di dolore (Jones): nella vita prenatale infatti sono state documentate diverse condizioni di memoria di suffering o di esperienze relazionali dolorose.
Questi stress possono essere distinti in acuti e cronici. È ormai accertato che il feto risenta degli stati d’animo materni: ciò non solo in ragione di fenomeni ormonali trasmessi dalla placenta, ma anche perché il feto avverte i cambiamenti del tono di voce, della attività fisica e della frequenza cardiaca materna.
È stato osservato in donne che erano state sottoposte a procedure fetali invasive soprattutto diagnostiche (amniocentesi e cordocentesi) e avevano effettuato un colloquio con valutazione psicologica, una interruzione del rapporto psichico con il proprio feto, per via dell’attesa della risposta del cariotipo e dell’ansia derivante dalla preoccupazione di non attaccarsi inutilmente. I genitori descrivono questa condizione come una “sospensione” del loro progetto, che si manifesta con arresto di ogni preparativo materiale per la nascita, aumento dell’ansia e dei sogni negativi per la salute del bimbo.
La studiosa Vial afferma che alla minima anomalia, il sospetto portato sulla “qualità” del bambino induce nei genitori una reazione di rigetto totalmente sproporzionata alla gravità reale.
Un rifiuto costante e prolungato da parte della madre nei confronti del proprio figlio è un esempio di sofferenza psichica fetale notevole.
Numerose sindromi postnatali sono riconducibili a questa sofferenza fetale: un esempio è dato da quei feti che sopravvivono alla riduzione embrionaria in caso di multigemellarietà. In questi feti, come in quelli in cui è stata effettuata una revisione per aborto volontario non andato a termine per diverse motivazioni, si può verificare la Survivor syndrome, cioè la percezione da parte del bambino (valutazioni effettuate tra i 6 e 9 anni) di essere sfuggito alla morte in quelle situazioni.
In alcuni studi è stato evidenziato che, in bambini nati da madri che avevano effettuato un precedente aborto volontario o spontaneo e che non avevano ancora elaborato il lutto precedente, si sviluppa la Replacement Child Syndrome, dove il bambino riferisce di vivere una percezione psicologica di essere un sostituto.
Tratto dalla tesi di laurea “Le cure palliative prenatali: scienza ed etica sposano l’umano” di Greco Marta - Facoltà di Medicina e Chirurgia “A. Gemelli” - Roma -Universita’ Cattolica Del Sacro Cuore - Dipartimento per la Tutela della Salute della Donna e della Vita Nascente - Hospice Perinatale-Centro per le Cure Palliative Prenatali- S. Madre Teresa di Calcutta. Relatore: Prof. Giuseppe Noia