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Racconti di Vita

L’alternativa mancata e le ferite dell’aborto. Testimonianza.

Vorrei raccontare la vicenda più brutta della mia vita e mentre penso alle parole da scrivere ho nel cuore la speranza che arrivino a qualcuno che, trovandosi nella mia stessa situazione, faccia la scelta giusta.
 
Aprile 2013, mio marito ed io eravamo al settimo cielo, ero incinta per la seconda volta, inizio del sesto mese, finalmente avremmo avuto un figlio e tutto procedeva a meraviglia (la prima gravidanza si concluse con un aborto spontaneo al secondo mese). Andammo a fare la morfologica e capimmo dal volto del medico che qualcosa non andava. Un'ecografia interminabile ... il medico ci disse che c'erano dei parametri fuori dai range e che dovevamo andare di corsa con il referto dalla mia ginecologa. 
Eravamo confusi e preoccupati e quando anche la ginecologa ci disse che non bisognava perdere tempo e l'indomani mattina dovevamo precipitarci presso il reparto gravidanze a rischio di un noto ospedale romano, capimmo che la cosa era molto seria.
Andai da sola perché mio marito doveva lavorare e perché mai avrei potuto immaginare cosa mi aspettava. Entrai cercando una dottoressa alla quale dovevo mostrare la morfologica, quando la vide mi fece accomodare subito in ambulatorio e mi fece un'altra morfologica. Lei parlava esplicitamente e mi disse che la mia bambina aveva delle malformazioni molto serie che facevano pensare ad una sindrome molto rara, per questo chiese la consulenza del medico genetista, nonché direttore del reparto. 
Ero sconvolta, non riuscivo a smettere di piangere, il genetista fece una diagnosi: Sindrome di Jeune. È una sindrome rarissima che si manifesta quando entrambi i genitori sono portatori sani e quando, solitamente, appartengono allo stesso ceppo sanguigno (quando si è parenti anche alla lontana), non nel nostro caso.
Ebbe inizio un vortice di visite, pareri, questionari; per tre giorni mi fecero ripetere ecografie, analisi, consulti con altri genetisti di altri ospedali, con psicologi. Credevo che stessero cercando una cura, una soluzione per la mia bambina, poi ... il terzo giorno capii cosa intendevano per "soluzione"! Lo lessi sul referto dell'ennesimo genetista pluriqualificato e osannato; alla fine del suo referto, nelle ultime due righe, scriveva che riteneva opportuno e consigliabile l'interruzione della gravidanza!
Rimasi di pietra! Non era certo nelle mie intenzioni, amavo mia figlia anche così e avrei speso tutta la vita per accudirla. Mi guardavano come se fossi pazza e mi dicevano che il mio era puro egoismo. Non dimenticherò mai le parole di una mia amica: "Interrompere la gravidanza è l'unico atto d'amore che puoi fare per questa creatura!" Non dimentico nemmeno gli esempi che mi venivano propinati di famiglie con figli disabili, come fosse il peggior flagello! E non potrò mai dimenticare il dolore e la solitudine che provai quando capii che mio marito non aveva le idee tanto chiare... cercavo il suo sostegno, ne avevo assolutamente bisogno, non mi importava se tutti mi davano torto ma il suo appoggio era vitale in quel momento. Ricordo che gli dicevo che magari non era così grave o che magari nel corso della gravidanza poteva migliorare, ma i medici non facevano che contraddirmi e mettermi fretta, non davano la minima speranza di vita a mia figlia, quindi dovevo sbrigarmi perché se fosse trascorsa un'altra settimana in Italia non si sarebbe più potuto fare! Io pensavo: "Stiamo parlando della vita di mia figlia!!!", tutta quella fretta di sbarazzarsene! 
Poiché non cedevo cominciarono a dire a mio marito che portare avanti la gravidanza poteva essere pericoloso per la mia salute. Ricordo che il genetista lo chiamò nel suo studio senza di me. Quando ne uscì era diverso, aveva un atteggiamento autoritario e mi disse che l'unica cosa sensata da fare era ascoltare i medici, che loro sapevano meglio di noi la cosa fare! Ero sola, distrutta moralmente e fisicamente. Perdere l'appoggio di mio marito mi fece sentire molto fragile e spaventata, ero confusa e mi sembrava di impazzire, iniziai a dubitare … forse ero io che sbagliavo. Ricordo che quella sera mio marito disse che dovevamo fare come dicevano i medici, che era la cosa migliore anche per nostra figlia. Ero sotto choc, pregavo, imploravo che quella decisione non arrivasse, io non avrei mai potuto! Pensai che assurdità credere di fare il bene di qualcuno uccidendolo! Poi dissi con rabbia e disperazione: "Ho capito, la volete tutti morta questa creatura! La bimba mia muore innocente!".
Da quel momento ricordo ben poco perché accettai la decisione di mio marito, ovvero mi limitai ad obbedire. Ero un corpo che si muoveva senza volontà, ero completamente distaccata da me stessa, era troppo grande il dolore. 
A una settimana dalla morfologica mi ritrovai ricoverata in un altro ospedale per l'interruzione della gravidanza. Ho i brividi se ripenso a quei giorni! Per me è stato l'inferno, e in fondo lo è stato davvero! 
Porto dentro di me un dolore e una mancanza che non potranno mai essere risanati, e sono sicura che nessuna donna che abbia subito o scelto volontariamente un'interruzione di gravidanza potrà mai dimenticare un'ingiustizia così grande, un atto così malvagio e vigliacco fatto contro chi non può difendersi.
Dopo questo, che per me è stato il periodo più buio della mia vita, ci tengo a dire che non ho coronato il sogno di diventare mamma (ho avuto una terza gravidanza conclusa con aborto spontaneo) e lo faccio perché si rifletta sul fatto che non sempre possiamo decidere noi come e quando diventarlo.
Non passa giorno in cui io non pensi a mia figlia, avrò sempre il rammarico di non essere stata abbastanza forte e lucida per dire NO anche a mio marito! 
Lui ha capito il grande orrore che è stato commesso! Si è reso conto della cecità in cui ha preso quella decisione e mi ha chiesto perdono tante volte, pover'uomo! Ma questo non ha fatto tornare indietro il tempo.
È importante sapere che un atto del genere si paga per tutta la vita, non si può uccidere il proprio figlio e fare finta di niente! Le conseguenze psicologiche sono inevitabili.
Quante volte ho pensato che se avessimo incontrato la Fondazione il Cuore in una Goccia, il Prof. Noia, di sicuro la mia bimba non sarebbe stata uccisa così, a noi sarebbe bastato UN SOLO MEDICO che ci avesse offerto un'alternativa, un modo diverso di vedere le cose! Qualunque alternativa sarebbe stata meglio dell'infanticidio!
Qualunque sia la situazione in cui ci si trova, anche la più complicata, niente può giustificare l'omicidio del proprio figlio, è innaturale, è crudele, è devastante, è uccidere se stesse.
Desidero concludere raccontando cosa è successo nella mia vita a distanza di circa un anno dall'orribile vicenda.
Giravo per chiese e santuari cercando consolazione, mi confessavo e imploravo la grazia di avere un figlio e un bel giorno (il giorno della Madonna di Guadalupe,12 dicembre) durante una lunghissima celebrazione (4 ore) di Messa di guarigione, un sacerdote mi ha imposto le mani sulla testa e, durante il canto dell'Inno allo Spirito Santo, ho ricevuto la più grande grazia che si possa mai ricevere, la conversione! Lode a Dio! Ho iniziato a vedere tutto con occhi nuovi, come se qualcuno mi avesse tolto le bende dagli occhi e vedessi per la prima volta! Ho visto com'ero ridotta dentro di me e quanto avessi offeso il Signore in tanti modi durante tutta la mia vita! Ho provato contemporaneamente una gioia indescrivibile e un dolore lacerante! Gioia perchè figlia amata da Dio, dolore perchè Lui che è l'Amore stesso, da noi viene sempre offeso e oltraggiato!  
Il Signore ha avuto misericordia di me, mi ha ridato la vita e la gioia tirandomi fuori da quel pantano di disperazione in cui ero accasciata, da quel giorno tutto è cambiato, sono piena d'amore da dare e infinitamente grata a Dio Padre per ogni cosa, ora vedo che tutto è grazia, persino la sofferenza! 
Non potevo non rendere gloria a Dio dopo tutto quello che ha fatto per me.
 

R.F.

 

                  

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