24 maggio 2021 - Roma.
Presso la sala Giubileo della LUMSA, si è tenuta la conferenza
stampa indetta da Pro Vita & Famiglia, con cui è stato presentato il primo rapporto sui costi di applicazione della legge 194/1978.
Lo studio è stato condotto da un gruppo di lavoro composto da economisti, medici e giuristi, con il patrocinio della Società Italiana per la Bioetica e i Comitati Etici (SIBCE), di Pro Vita & Famiglia, dell’Associazione Italiana Ginecologi e Ostetrici Cattolici (AIGOC) e della Fondazione Il Cuore in una Goccia. Lo scopo, come evidenziato dai fautori del progetto è quello di promuovere un dibattito aperto sulla 194, basato su dati oggettivi.
Come riporta Pro Vita & Famiglia, dopo 42 anni e quasi 6 milioni di bambini abortiti in Italia, questo studio ha individuato numerose crepe, lacune e contraddizioni della legge sull’aborto. Come ci si addentra nel “pianeta aborto”, si scopre un abisso che separa la teoria dalla realtà.
Tutto questo ha un costo, non solo in termini di vite umane, ma anche di relazioni, di equilibri sociali.
Lo studio ha quantificato, attraverso una rigorosa analisi dei primi quarant’anni di applicazione della legge, il costo finanziario, peraltro sottostimato, sostenuto dalla collettività per la pratica abortiva, in un tempo in cui le risorse economiche a disposizione del sistema sanitario risultano drasticamente limitate e che richiedono pertanto un’equa distribuzione sociale.
Si può stimare che nei primi quarant’anni di applicazione della legge, il costo cumulato per il finanziamento degli aborti legali si sia aggirato intorno ai 5 miliardi di euro (circa 120 milioni di euro all’anno), una somma che se fosse stata accumulata ogni anno, a fronte di un “accantonamento” totale (in termini reali) di 4 miliardi e 847 milioni, sarebbe valutabile in un fondo che avrebbe maturato rendimenti per 6 miliardi e 362 milioni di euro fino a raggiungere una capitalizzazione totale di 11 miliardi e 209 milioni di euro.
A fronte di questo costo, la mancanza di investimenti per aiutare le donne in difficoltà a proseguire la gravidanza quando lo desiderano.
I dati esposti fanno emergere, inoltre, il fallimento dell’aborto come politica sanitaria valutabile sotto tre aspetti:
- Non è riuscita a prevenire l’aborto clandestino che ancora permane e, anzi, si sta rimodulando sotto forma di criptoaborto attraverso l’uso dei farmaci abortivi.
- Crea problemi di salute pubblica (ben evidenziati in letteratura), i quali hanno un costo.
- Ha un impatto negativo sulla demografia (ricordando tra l’altro che l’art.1 della legge 194 afferma che l'interruzione volontaria di gravidanza non è un mezzo di controllo delle nascite).
Il seguito di questo lavoro è il lancio dell’Osservatorio permanente sull’applicazione della legge 194 composto dal gruppo di lavoro sul report, ma aperto ad enti, istituzioni e singole persone che vogliano aderire. L’Osservatorio fornirà un servizio necessario e dovuto alla collettività, considerando, in particolare, quanto sia importante la razionalizzazione del Servizio sanitario nazionale specie in questo momento in cui la pandemia ha imposto ingenti sforzi in termini umani e monetari.
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