Immaginate un amore grande, e un sogno ancora più grande.
Un sogno chiamato Zoe già dai primi “noi”, dai primi domani immaginati ridendo e sorseggiando una birra in riva al mare. Immaginate poi una proposta di matrimonio in alto mare, e una pietra blu come gli abissi, lì, dove non si vede più la terra, dove puoi sentirti sperduto o immensamente libero.
A questo punto immaginate l’inimmaginabile, un virus che stravolge il mondo, e la prima data annullata. Ed ecco invece una nuova opportunità, un rischio accettato ad occhi chiusi, e una festa perfetta, un giorno di pura grazia e pura felicità, che ti fa capire che veramente Dio ha acceso la luce su quel cammino insieme, e ha benedetto questa unione.
Immaginate poi i primi mesi, che non riescono ad essere poetici e gioiosi … chiusure, privazioni, lavoro in ospedale bardati da riconoscersi ormai solo dagli occhi, carezze e mani strette, di padri, madri, nonni che hanno lasciato la terra senza il conforto di una persona amata. E all’improvviso quel segnale atteso, un’altra luce che si accende, un compleanno indimenticabile, il primo da papà di un germoglio appena schiuso.
Ti scoppia il cuore, sembra troppo bella una cosa così, mentre il mondo intero soffoca.
Immaginate invece un ecografista che cambia espressione, e che mentre tu scherzi per sdrammatizzare ti dice che no, forse le cose non vanno bene, vanno approfondite. E iniziano mesi di attesa e di angoscia, sempre brutte notizie, e quelle parole orribili da ascoltare: “incompatibile con la vita”, “meglio interrompere la gravidanza”.
Cosa dite? Siete impazziti? Il nostro miracolo, la Zoe che tanto aspettavamo non starà bene, non sarà felice, non potremo insegnarle la gioia delle piccole cose, non assaggerà lo zucchero filato, non vedrà il mare, non ci chiamerà mamma e papà.
No, Zoe è comunque il nostro miracolo, e nascerà, o almeno noi faremo ogni cosa perché accada.
Ecco, abbiamo indossato armature di pietra, e abbiamo tirato dritto. Abbiamo ascoltato senza sentire, abbiamo guardato senza vedere, abbiamo affrontato la paura, le lacrime, la distanza, la privazione, sempre stretti in un unico abbraccio, sempre stretti a proteggere Zoe.
E di uovo Dio ha acceso la luce, e lì dove sembrava non ci fosse nessuno, abbiamo trovato delle mani tese, abbiamo trovato altri abbracci e il sostegno di chi non ti ritiene folle ma vuole perfino aiutarti a coltivare questo piccolo fiore. Da quell’istante fino alla nascita, siamo stati accompagnati, sostenuti, rassicurati con la dolcezza di un genitore, con la forza della fede.
Zoe Maria è venuta al mondo in una fredda giornata di ottobre, aria tersa con una sola, piccola, nuvola, una culla per lei. E non è solo figlia nostra, è diventata figlia di quelle mani amorevoli che l’hanno accolta, e curata, e amata come se la conoscessero da sempre, come se non dovesse essere così meraviglioso e breve il suo passaggio sulla terra.
Le prime mani, del Prof. De Santis che l’ha portata alla luce, e poi le mani di Ada, della Dott.ssa Papacci, e di Davide, e di Benedetta. Mani preziose, e rispettose, come fossero le nostre. E sorrisi, e pensieri, e vicinanze. I medici della Neonatologia, la Prof.ssa Masini, la Dott.ssa Corsano, la Dott.ssa Pellegrino, la Dott.ssa Serio, e tutti coloro di cui non ricordiamo il nome ma ricordiamo gli occhi.
E il Prof. Noia che ha permesso tutto questo, e ha permesso che ogni vita sia degna di essere chiamata tale, degna di un nome, degna di un Battesimo a figlia di Dio, degna di un amore gratuito che non speravamo di poter ricevere.
E Padre Rino, che ha accolto Zoe Maria e le ha donato il Sacramento del Battesimo, che è stato con noi mentre la nostra piccola nasceva al cielo, e con noi nell’ultimo saluto sulla terra. Persone che sono ormai parte della nostra vita, una famiglia nell’amore e nell’accoglienza, l’ennesimo dono di Dio.
E Zoe Maria avrà un bel da fare lassù per ricambiare il loro cuore, le loro carezze, e la grazia di poche ore tra noi, ma le più belle possibili. Grazie infinite al personale tutto della Ginecologia e Ostetricia del Policlinico A. Gemelli, della Sala Parto, della Terapia Sub-intensiva e Intensiva neonatale, ai Padri Cappellani e alla Fondazione “Il Cuore in una Goccia”. Grazie alle famiglie che decidono di dare vita a bimbi che gran parte del mondo rifiuta, grazie a queste piccole, splendide, creature per la loro forza e ostinazione, per la loro infinita bellezza. E grazie a Dio per averci ritenuti degni di accoglierne una.
Irene e Alberto