Salve, sono Candida e la mia storia, anzi, la nostra storia, inizia a settembre del 1989.
Rientrammo a casa dalla Calabria (ci eravamo trasferiti al nord per scelta) e, un giorno, con tanta gioia scoprii di aspettare te, il mio angelo.La pleurite al quarto mese mi costrinse a 10 giorni di ricovero. Una sera passò un’infermiera con uno strumento strano e mi fece sentire il tuo cuore …batteva forte, era melodia! Tornammo a casa, eravamo vicini al Natale, il tuo primo Natale con noi.
Arrivammo a gennaio. Alla fine delle festività avevamo un’ecografia nel corso della quale il ginecologo ci guardò strano e poi ci disse che dovevamo fare un esame “la funicolocentesi”; sarebbe stato l’inizio di parole difficili, parole che non indicano niente di buono. La mattina dell’esame avevo paura ma passò in fretta, mi dispiacque solo che per farti spostare dovettero pungerti. Dopo 10 giorni squillò il telefono, era l’ospedale, i risultati erano pronti, non avevamo problemi cromosomici ed eri…xx… una bimba! La nostra meravigliosa bimba; al telefono, però, la voce mi disse che dovevamo recarci in ospedale, ci dovevano parlare. Ci recammo in ospedale a Milano, ci ricevette un ginecologo, quello che sarebbe rimasto il nostro nuovo ginecologo.Ci fece sedere, aveva tanti libri aperti (all’epoca funzionava così), ci fece una stima di calcoli che neanche ascoltammo e ci disse: “La bimba ha una gastroschisi”, ed ecco un’altra brutta parola. Ci spiegò il tutto, ascoltammo; poi ci disse: “Possiamo chiedere al tribunale. In questi casi, anche se siamo oltre, possiamo intervenire, anche per la sua salute, signora. Vi lascio soli, vi lascio il tempo di decidere”.Siamo al terzo piano, fuori è già buio, una luce fredda, il neon (che odierò per sempre), guardai papà ed insieme, senza dirci niente, facemmo rientrare il medico… “NOI ANDIAMO AVANTI”. Cercò in tutti i modi di farci capire che non saresti sopravvissuta dopo nascita. “Ok, ma dentro di me è al sicuro perché dovrei decidere di ucciderla? Si muove, cresce. Vivrà in me”. Il medico alzò le mani e disse: “Ok, vi seguirò per tutto il percorso”.
Il primo ad abbandonarci fu il ginecologo privato ... non riusciva a gestire la situazione, salvo chiedermi di presenziare al parto. La sera uscimmo dall’ospedale con il buio nel cuore, ma decidemmo che dovevi vivere serena questo tempo con noi.Iniziammo a girare più ospedali senza appuntamento e, stranamente, vedendoci giovani, ci ricevevano tutti, anche a Como, ma niente, il risultato era sempre lo stesso. Le ecografie erano continue. Ogni volta usciva qualcosa di brutto, ma tu eri con noi e con noi avresti vissuto.
I familiari non capivano la nostra scelta, noi sì, era dettata dal cuore. Arrivò il giorno del parto cesareo, il 6 aprile del 1990. Lo so, per te sarebbe stato un giorno diverso, MARIA CRISTINA, la mattina scalciavi come per salutarmi; ti chiesi scusa per non essere riuscita a salvarti. Nascesti e dopo 2 ore volasti in cielo. Tuo papà riuscì anche a battezzarti con l’ostetrica come tua madrina. MARIA CRISTINA, chiamai anche l’AIDO ma, purtroppo, non potesti donare nessun organo.Successivamente ci trasferimmo a Caserta ma ti avevamo promesso che saremmo venuti a prenderti e dopo dodici anni lo abbiamo fatto ed ora riposi a Tropea vicina a tutti i tuoi parenti.
MARIA CRISTINA, NOI TI RINGRAZIAMO PER AVERCI SCELTO, SEI CON NOI SEMPRE E PER SEMPRE.